Legge Gelli: periti e consulenti tecnici d’ufficio tra presente e futuro

Legge Gelli: periti e consulenti tecnici d’ufficio tra presente e futuro
08 Gennaio 2018: Legge Gelli: periti e consulenti tecnici d’ufficio tra presente e futuro 08 Gennaio 2018

Tra le tante innovazioni che la legge Gelli ha portato con sé vi è anche quella che riguarda la consulenza d’ufficio in materia di “responsabilità sanitaria”. Dettando una norma speciale (art. 15, comma primo) che non ha eguali in altri settori, il legislatore ha previsto che “nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l'autorità giudiziaria affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento”. Questa riforma è anzitutto un (tardivo) riconoscimento dell’alto grado di diversificazione delle specialità mediche, tale da imporre che il giudizio tecnico sull’operato di uno o più medici sia sempre collegiale e venga supportato da adeguate competenze specialistiche. Ma essa dovrebbe pure suggerire al legislatore di riflettere su un aspetto molto importante del processo, sin qui del tutto trascurato dalla miriade di novelle e novelline di quest’ultimo ventennio. Preoccupato più della durata dei giudizi che della loro qualità, ed apparentemente ignaro di come la seconda possa incidere sulla prima, infatti, il parlamento non ha trovato sinora l’occasione per rimediare alla palese obsolescenza delle disposizioni che disciplinano la formazione e la tenuta degli albi dei consulenti d’ufficio e dei periti. Basti pensare che l’art. 13 delle disposizioni di attuazione del c.p.c. prevede ancira la suddivisione dell’albo dei consulenti in sei sole categorie (medicina-chirurgia, industriale, commerciale, agricola, bancaria, assicurativa), talmente generiche da consentire, fino a ieri, che un caso di “responsabilità santaria” venisse valutato da un laureato in medicina privo di specializzazione in medicina legale o nella branca medica interessata. E’ una disciplina che andrebbe completamente rifatta, non solo prevedendo una classificazione delle competenze specialistiche più articolata ed adeguata ai tempi, ma pure una più rigorosa selezione dei candidati ed un sistema di controllo della qualità delle prestazioni degli iscritti e di revisione degli albi ben diverso da quello attuale. Tutto ciò con un organico coinvolgimento degli Ordini e Collegi professionali di riferimento. Non è raro, infatti, che una consulenza, magari lungamente attesa, non convinca il Giudice, costringendolo a disporne la rinnovazione o comunque a desiderarla quando invece si accontenta di un parere inappagante, che tuttavia peserà in modo decisivo sull’esito di quella causa o di quel processo. I limiti operativi imposti da questa vetusta disciplina si pongono in stridente contraddizione con le stesse novità introdotte dalla legge Gelli, come ha già palesato la “risoluzione in ordine ai criteri per la selezione dei consulenti nei procedimenti concernenti la responsabilità sanitaria” adottata dal C.S.M. il 25.10.2017. Per quanto l’organo di autogoverno del magistrati abbia cercato, per vari aspetti, di por rimedio ad alcuni di quei limiti, molti sono davvero insuperabili e rappresentano davvero un tema col quale un legislatore attento dovrebbe misurarsi. Ma un importante appuntamento attende anche i Presidenti dei Tribunali che, con riguardo alla specifica materia della “responsabilità sanitaria”, saranno tenuti ad una revisione straordinaria degli albi, con riguardo agli “iscritti esperti in medicina iscritti esperti in medicina”, poiché per questi dovranno “essere indicate e documentate le [relative] specializzazioni”, con una procedura e delle modalità che il C.S.M. ha opportunamente specificato, sottolineando, fra l’altro, l’importanza del coinvolgimento degli Ordini dei medici e degli odontoiatri e di quelli forensi. Tuttavia, l’attuazione della “legge Gelli”, anche su questo versante, propone pure non pochi interrogativi. Essa riguarda la responsabilità degli “esercenti la professione sanitaria“. Ma oggi è lecito domandarsi se tali si devono considerare solamente i medici o pure coloro che esercitano altre professioni sanitarie, come gli infermieri professionali e le altre 21 categorie di operatori ai quali la recentissima “legge Lorenzin” ha attribuito dignità “ordinistica”? Se la risposta fosse affermativa, gli albi dei consulenti d’ufficio e dei periti dovrebbero prevedere altrettante specializzazioni, ponendo il problema di reclutare nuovi iscritti che ne siano in possesso. Per alcune categorie di operatori tale esigenza pare davvero difficile da eludere, ove si pensi, per fare l’esempio più ovvio, che la responsabilità dell’infermiere professionale riguardo alle attività di sua specifica competenza è ormai pacifica in giurisprudenza (per tutte, si veda Cass. civ. n. 7106/2016). Per altro verso ci si domanda in qual modo gli iscritti agli albi che esercitino professioni sanitarie potranno dimostrare di essere “in possesso di” quelle “adeguate e comprovate competenze  nell'ambito  della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi” che (come dispone sempre l’art. 15) sarebbero indispensabili per essere designati quali c.t.u. nel procedimento di “consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite” che ora è obbligatoriamente disposto dall’art. 8. Una risposta in proposito, ad oggi, non appare nemmeno all’orizzonte. Per molti aspetti, dunque, la legge Gelli ha aperto una porta su un futuro che è ancora tutto da scrivere.

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